L’ascolto di Omar Manini
Duke Ellington è stato uno dei più grandi jazzisti della storia trovando, nel corso dei suoi sessant’anni di carriera, la sensibilità di comporre musiche entrate di diritto nel dna collettivo.
Grazie al concerto “Music is my mistress small ensemble”, ascoltato nella rassegna “Piccolipalchi”, nel bellissimo Castello di Colloredo di Monte Albano (UD), abbiamo avuto il piacere di apprezzare alcuni brani che hanno fatto la storia di un genere e il genere di una storia.
Un concerto per bambini accompagnati dai genitori e/o genitori accompagnati dai bimbi in cui un’orchestra di sette ottimi professionisti – Francesco De Luisa, Emanuel Donadelli, Sebastiano Frattini, Francesco Minutello, Didier Ortolan, Matteo Sgobino e Alessandro Turchet – ha elargito note e divertimento suonando ben quattordici strumenti diversi.
Si sa che il “sentirsi a casa” inizia dall’accoglienza ricevuta e, in questo senso, ERT teatroescuola è sempre attento a stupire con piccole, ma deliziose carezze: qui l’omaggio di una bustina piena di “popcorn alternativi”, ossia riflessioni disegnate sull’essere (a) teatro.
In quella che si rivela un’ora di delizioso star bene, i bimbi sono i primi protagonisti e i diretti interlocutori dei musicisti, per prossimità di collocazione e, quindi, di sguardo (udito).
Già all’inizio, l’orchestra si propone con una presentazione che lascia intendere uno spirito rilassato e divertito – un dialogo musicato a distanza tra la batteria e gli altri strumenti che sfilano – e stabilisce, così, un legame emotivo con i presenti, esibendo un registro che si muove sull’allegra e gioiosita complicità.
Perché il jazz è comunque la musica che parte con un ascolto discreto… e poi sei lì, che ti ritrovi a muovere a tempo la testa e i piedi senza neanche accorgertene.
Il concerto è stato un salto nel tempo e nello spazio; il racconto di due persone o entità (spettatore-esecutore) che pian piano imparano a conoscersi e poi sentono di sapersi completare. Un viaggio pulsante di un’energia vitale in cui la musica è il mezzo che trascina in territori ora vivaci, ora sognanti; un cammino attraverso luoghi del piacere, del colore e delle forme fantastiche che ognuno, al di là del titolo o dell’etichetta, vive nella sua fantasia o nella relazione con il vicino. E dove la musica è anche il punto d’arrivo più vicino al proprio essere se stessi: tra autoreferenzialità e relazione con gli altri.
L’ensemble, con le indimenticabili note di “Mood indigo”, “Take the A train” e molte altre, ha proposto una doppia “lezione” di libertà: la propria – nel liberarsi da rigide etichette e protocolli e affidarsi al gioco di relazione empatica e collettiva con/per il pubblico di bambini – e quella del pubblico mosso ad un ascolto attivo e strettamente personale.