Omar Manini incontra Davide Tidoni e Elisa Ulian
Sono rari gli artisti che nascono con il sacro fuoco dell’urgenza e, per come ho potuto vivere in due occasioni, Davide Tidoni è sicuramente uno di questi.
L’emotività spontanea e dirompente, il contagioso entusiasmo evidenziato da un sorriso che puntella ogni azione, la mimica naturalmente libera ed espressiva: un Benigni della prima ora, a briglia sciolta, non ancora inquadrato nel sistema.
Tidoni, un po’ clown un po’ folletto, si muove sempre sorretto da un’infinita dose di curiosità, spontaneità e anarchia, accompagnato dalla passione per il suono, elemento inteso nel suo essere espresso tal quale e, successivamente, nella sua capacità di interagire con lo spazio e, attraverso quest’ultimo, nuovamente con l’uomo che l’ha prodotto.
Ert teatroescuola gli ha affidato il progetto di portare i ragazzi della scuola primaria nell’agorà dei nostri giorni, il tempio delle idee quotidiane dell’uomo medio. Un luogo che si riempie di suoni, colori e movimento per tre-quattro ore alla settimana e che per il resto risulta vuoto e immobile, immutabile.
E se noi siamo abituati a vederlo con uno sguardo mirato, solamente in relazione ad uno stimolo esterno, comandato, Davide Tidoni insieme a Elisa Ulian, maestra nell’uso consapevole, espressivo della voce, ce lo hanno rivelato sotto un’altra veste: quella di spazi e volumi, di distanze e vicinanze nei quali il suono – e noi stessi che lo produciamo – possiamo ascoltare riverberi di vita, possiamo sentirci curiosi e sensibili protagonisti nella creazione di senso e di una relazione nuova e consapevole con noi stessi nel mondo.
Tidoni&Ulian si muovono cercando per primi l’accordo che accende la miccia delle idee e, a quel punto si fermano proponendo a ragazzi, prima divertiti e poi assolutamente affascinati, movimenti, disposizioni, emissioni vocali (note, gorgheggi, versi, …) o oggettuali (secchi-tamburo, battute su pareti o sul pavimento, schiocchi, …).
Ingenuità, dolcezza, purezza nell’accostarsi alle sue stesse scoperte del momento: Tidoni evita ogni filtro educativo per mirare alla sensazione del libero accostamento, alla ricerca mondata da schemi mentali predefiniti; una continua rincorsa all’epifania del microscopico, inquadrata in una cornice macroscopica come quella dello stadio. Se l’esperienza e lo studio sono le loroloro fondamenta per conoscere la tecnica, questa è assimilata ed esce spontaneamente tra le pieghe significative dell’esperienza pura.
I ragazzi ne sentono la vicinanza, leggono in quello sguardo brillante e sempre alla ricerca dello stupore una totale comunione d’intenti e si affidano completamente alle sue cure; così, senza accorgersene, sperimentano elementi di fisica, impreziosita e colorata dai concetti di amore e importanza del cercarsi/trovarsi l’un l’altro: velocità del suono, relazione nello spazio e tra aria e materiali, vibrazione e ritorno delle onde acustiche, capacità prismatica degli spazi nel frammentare e modificare un’emissione sostanzialmente uguale.
Tidoni&Ulian si integrano perfettamente, si dividono i gruppi e poi si ritrovano e si incrociano vaporizzando nelle loro azioni un senso di magica meraviglia che, partendo da uno strano senso di centrifugata casualità, giunge ad una imprevista quanto sorprendente organicità in un luogo che da semplice contenitore diventa improvvisamente contenuto.